Ho comprato questo libro un po’ per caso, come molti dei quali acquisto in libreria. Mi divertiva il titolo, che non pensavo minimamente alludesse ad una situazione umana. Si accosta un aspetto ludico, quello ricreativo, a quello umano del famoso detto:” il gioco e’ bello quando dura poco”.
Qui viene narrata infatti, la vita di Marcello, studente fuori corso e fuori sede della Universita’ di Pisa, presso la facolta’ di lettere.
Ragazzo tutt’altro che smarrito, ma, inglobato in quel vortice di eventi che un po’ tutti gli studenti imbranati hanno vissuto. Riluttante a dare certi esami, forte in altre materie, passa il tempo a scorgere il suo percorso universitario, che procede a rilento. Dopo una laurea conseguita a pieni voti, semplicemente egli non sa che fare.
E’ un trentenne senza un vero lavoro, con una fidanzata, Letizia, brillante studentessa in medicina, cui ogni giorno cerca di rinsaldare il legame.
La sua certezza e’ quella di non finire dietro il bancone del bar di famiglia, che suo padre gestisce da più decenni, per il quale vorrebbe un minimo di interessamento da questo giovane perdigiorno e scanzonato.
Cosi, un giorno, uno come tanti di quelli che lui passa in università , rivedendo i suoi vecchi colleghi, che nel frattempo, hanno fatto carriera, decide, per spirito di contraddizione di partecipare ad un concorso di dottorato in Lettere, senza averne la minima preparazione e contentezza.
Imprevedibilmente, vince la borsa, grazie ai magici trucchi del mondo universitario, dei baroni che gestiscono a tutt’oggi quel potere, ed alla rinuncia di una candidata.
Si trova cosi a far da aiuto a tal Professor Sacrosanti, temibile docente di italianistica comprata, ai suoi umori, ai suoi pregiudizi, ai suoi voleri.
Accetta malvolentieri, nonostante le sue proposte vertessero su altro, una tesi su tale Tito Sella, un terrorista finito presto in galera e morto in carcere, di cui si hanno alcuni scritti. Tra questi spicca, la “la Fantasima”, una presunta biografia mai ritrovata. Si sa che durante gli anni di piombo, che funestarono l’Italia degli anni “settanta” del secolo scorso, molti terroristi, trovarono asilo politico in Francia, grazia alla “dottrina Mitterand”, che copriva i crimini da questi ultimi commessi, e li emendava dei reati, facendoli apparire come semplici intellettuali di sinistra, forse un po’ agitati, ma sicuramente molto colti e sensibili.
Insomma gente che lottava per un perché, poco male se dalle loro azioni, emergessero rapimenti, omicidi, e un palese volere di sovvertire l’ordine costituzionale del paese.
Per alcuni di questi, il Presidente della Repubblica, ha fianco concesso il provvedimento di grazia.
Ma lasciamo stare, torniamo a Marcello. Abbiamo detto che la sua tesi di dottorato, su cui Marcello aveva impostato il lavoro, viene scartata. Troppo ampio il panorama letterario affrontato dal giovane.
Meglio limitare il campo di indagine, meglio tagliare la tesi su un argomento poco conosciuto e di nicchia, cosi da conquistare il pubblico.
Lo studio di questo fantomatico Sella, accende in Marcello una specie di identificazione, una profonda empatia, il tutto raccontato con un sarcasmo efficace e feroce.
La Fantasima non e’ altro che il racconto, all’interno del libro, della “brigata Ravachol” di cui Tito Sella era membro, seppur di secondo piano, scopriremo in seguito.
Il nostro Marcello, decide quindi di sfidare tutto e tutti e si reca a Parigi, quella città di cui sopra narravo, e la sua disponibilità ad accogliere accoliti di associazioni sovversive, per negare loro l’estradizione.
Sopratutto perche’ a Parigi si trova, presso la Bibliotheque nazionale francais l’archivio storico di Tito Sella. Una Parigi conturbante, per un giovane studente di provincia, che si approccia alla città con un modo puerile e viene da subito aiutato da una fascinosa studentessa, tatuata, capello corvino, con frangetta tagliata cortissima e struccata, alla francese: Tea. Sempre a Parigi, Marcello incontra il suo vecchio amico e collega Carlo, che lo aveva tacitamente preso, sotto la sua ala protettiva, per simpatia e per decoro del dipartimento.
Carlo e’ un vecchio “suddito” del professor Sacrosanti, uomo dall’esistenza incompiuta, vittima del feroce mondo accademico e del suo conformismo corrotto, che pero’ accoglie sempre i suggerimenti del suo mentore, senza farsi mai un suo giudizio critico proprio.
Parigi, vita sociale, feste improvvisate, scioperi e manifestazioni. Ma c’e’ un dettaglio che fa la differenza: Tea, la giovane e addentrata studentessa, conoscerebbe un certo “Benny Pecoraro”che non e’ il nome di un cantante italo-americano, ma un importante esponente di Autonomia Operaia, fuggito in Francia, per non scontare una condanna in contumacia per una sfilza di reati legati alla sua militanza politica, che tendeva ad interpretare in maniera personale e sanguinaria.
Insomma un maitre a penser, stimato da intellettuali ed accademici. Altro che il poveretto Tito Sella, che pare più una figura partorita da un incidente di percorso.
Insomma le settimane parigine di Marcello, procedono in stato di grazia, facendolo sentire al suo posto, lontano dalle vecchie relazioni incistate, da mezzi lavoretti, da soddisfazioni sbiadite, e soprattutto nelle braccia della nuova e giovane rivoluzionaria Tea, che lo accoglie a suo modo.
Questo portera’ Marcello a discutere la sua vecchia relazione con Letizia, peraltro “dimenticata” nell’androne di casa sua a Parigi. Casa che proprio Letizia gli aveva trovato, attraverso le conoscenze materne.
Una sorta di vita empirea, dove tutto cio’ che di bello può accadere accade, e il brutto resta fermo.
Ma le storie finiscono. Un giorno, una notte, Marcello viene chiamato da sua madre, perché il padre ha avuto un brutto attacco di cuore. Si, proprio lui, il padre che lo voleva dietro il bancone di un bar a servire cappuccini, mentre lui se ne sta li a fare “la bella vita”.
Compie un viaggio della speranza, in treno con cuccetta, per recarsi a Viareggio e scoprire che il padre era solo un burbero, ma gentile uomo, che lo criticava in sua presenza, ma lo elogiava agli occhi degli estranei.
Scopre anche di essere lui stesso, un “incidente di percorso”, il figlio non voluto, da una coppia che non si amava e che si e’ sposata per salvare le apparenze.
Il povero Marcello scopre anche che il povero Carlo, ve lo ricordate, il perenne e frustrato dottorando che aspettava concorsi e non obiettava mai, si e’ tolto la vita in un tragico incidente. Insomma Marcello era tornato a casa per trovare il potenziale cadavere del padre e prendere un caffè con un collega. Riparte, con quello che doveva essere cadavere e sta benissimo, e l’amico
che non c’e’ più. Con la netta sensazione che Marcello, alla fine non conoscesse nessuno dei due, che erano ombre, frutto di sue costruzioni mentali, fantasmi che poco avevano a che fare con le persone reali. Marcello rimane lo scanzonato di prima, che non ci capisce proprio nulla delle persone.
L’epilogo lo lascio a voi, senno’ finisce che il libro non lo comprate, e sarebbe un vero peccato.
Marcello che scrive a Letizia per un caffè, il racconto, il perdono, la gioia nel vederla più bella, e l’amara scoperta che sarà lei adesso, a lasciare la città per un tirocinio negli Stati Uniti, con la speranza di vedersi presto.
Insomma come diceva Carlo Marx, i fatti della storia si presenterebbero due volte: la prima sotto forma di tragedia, e la seconda sotto forma di farsa.
Marcello capisce di non essere tagliato per l’università, o l’università a non essere tagliata per lui, mettendoci tre anni a comprendere cio’ che gli altri sapevano fin dall’inizio: gli intrighi, le lotte di potere, le pretestuose contrapposizioni ideologiche, come funzionano i meccanismi di carriera, perfino come si scrive un articolo scientifico e come viene valutato. Appunto, cose che non fanno per Marcello.
L’unica differenza rispetto a tre anni prima, e’ che Marcello ha perso Letizia e buona parte dei suoi capelli.
Egli capisce, comprende, analizza, che sarà impossibile immedesimarsi con qualcuno, che forse nemmeno esisteva, che forse lo ha portato al di sopra delle sue forze.
Mi piace finire con una frase del libro di Ferrari:” Mentre i predestinati, i vincenti, i rampolli delle classi dominanti o anche solo coloro che sanno scalare la gerarchia sociale con le unghie e con i denti, si affermano e prosperano, in un mondo che sembra pensato per loro, gli altri, i perdenti, gli ingenui, i velleitari, i figli delle classi subalterne, gli sprovveduti, vengono inesorabilmente travolti”.
Poi c’e’ una terza categoria, forse la peggiore: quella di chi sta nel mezzo, gli incerti, i dubbiosi, chi non sa decidersi o decide solo a meta’, chi vorrebbe essere intero ma non ne ha la forza, chi manda tutto a monte all’ultimo metro perché la sua vocazione non e’ il trionfo, ma l’inseguimento di un fantasma, chi alla fine potrà soltanto guardare o raccontare.
Una categoria irrisolta cui appartiene Marcello. Come diceva Calvino nel suo libro “il visconte dimezzato” A volte uno si crede giovane, ma e’ soltanto incompleto. Va bene letta anche in senso opposto: a volte uno si crede incompleto ed e’ soltanto giovane. Fate come vi pare.