Luca Mastrantonio
Questa faccenda è assai strana e questo libro, uscito per la Bompiani il sette maggio, cerca di farmela apparire meno strana di quello che sia.
Si è sempre saputo che “il non Re”, quello mancato, il non pervenuto, (per fortuna) avesse, una notte d’estate, sparato ad un povero innocente su di una barca.
Stiamo parlando del fu Vittorio Emanuele II di Savoia, della tiratissima moglie Marina Doria, campionessa di sci nautico che dovette rinunciare alle competizioni per dedicarsi alla famiglia (dopo un incidente in Ferrari con il buon Principe) e del loro matrimonio, celebrato dapprima a Las Vegas e poi a Teheran, per celebrare i 250 del regime dello Scià di Persia, quello costretto alla fuga, pure lui (famiglie di rifugiati…).
Ma se i genitori di Vittorio Emanuele, Maria José ed il consorte Umberto Secondo di Savoia (“il Re di maggio”), erano persone a modo, timide e schive, riservate e quasi sottotono, lui l’erede al trono è tutt’altro: un irrefrenabile guascone.
Passa le estati in panfilo, si taccia di essere un attore mancato (tipo un Jean Paul Belmondo de noantri), compete per il trono con il cugino Amedeo di Aosta fino all’ultimo, e fino all’ultimo si batterà per la sua monarchia. Quella stessa monarchia che fu abolita con un referendum vinto dai repubblicani per pochi voti il 2 Giugno 1946. Preme ricordarlo.
Una volta i referendum andavano a segno. Fu quello il primo dove poterono votare anche le donne, come segno di emancipazione.
Ce lo ricorda il bellissimo recente film “C’è ancora domani” con la struggente scena in cui lei si reca sola, finalmente sola, al seggio per votare. Ma questa è un’altra storia.
Quella che brevemente cerco di raccontarvi, appartiene a quello che Javier Cercas, definisce il “genere letterario delle domande”: come può una vittima farsi carnefice? Perché ci ammaliamo? L’anima si può curare?
Dall’assassinio di Dirk Hamer, il giovane dormiente ucciso sulla barca per mano del principe killer, con fucile di ordinanza, si passa all’utopia di una cura alternativa per i tumori, un memoir che può salvarci o perderci per sempre.
Dirk Hamer, fiero ragazzo tedesco, figlio di un sedicente medico, nella notte del 17 Agosto del 1978 viene ferito da un proiettile, mentre dorme sulla barca di un certo Nicky Pende, in rada presso l’isola di Cavallo, in Corsica, dove è in vacanza con la sorella Birgit.
Nei giorni di degenza che lo attenderanno, il ragazzo chiede spesso da bere del latte, che i genitori gli offrono di nascosto, contro il parere dei medici. Nessuno può ancora sapere ed immaginare che il piombo, quello delle armi da fuoco, quello delle tipografie ed il latte saranno i simboli potenti di questa vicenda.
Il romanzo intreccia una storia dentro un’altra storia: la storia del delitto ed il calvario di Dirk e la storia di suo padre e le sue proposte terapeutiche.
Il calvario di Dirk, dura più di cento giorni, un calvario che inizia quando lui, agonizzante, viene trasportato da Cavallo a Marsiglia, contro il volere dei medici del locale ospedale americano, sussurrando la parola “anestesia”. Poi da Marsiglia verrà trasferito a Tubinga in Germania, dove poi la situazione precipiterà.
Un proiettile non dovuto, ma voluto, secondo la versione del padre di Dirk Hamer.
E qui la storia del processo contro il presunto colpevole, il principe Vittorio Emanuele Di Savoia.
Ed ecco l’altra storia, quella del Dott. Hamer, padre di Dirk, che in seguito alla perdita del figlio e della moglie, dà impulso ad una “nuova medicina germanica”, opponendosi alle terapie farmacologiche contro i tumori, per mettere al centro della cura, i “traumi psichici” che lui considera l’origine di ogni malattia
Ecco quindi un’altra storia, quella di Angela, una giovane qualunque, che muore, quarant’anni più tardi, perché rifiuta la chemioterapia, per affidarsi alle cure del Dott. Hamer.
Ed ecco il paradosso pericoloso del dott. Hamer, convinto di poter controllare il destino, affidandosi al pensiero magico, vedendo la malattia come una colpa e affidandosi al merito morale di una guarigione intesa come una resistenza. Il che può anche, e dico anche essere vero, se tutto fosse supportato da terapie farmacologiche non alternative, ma degne di un’impronta scientifica.
Purtroppo in questo romanzo, c’è la vita, ma c’è anche tanta morte.
La morte che fa poi dannare gli innocenti, divide il mondo in prede e predatori, cerca di sovvertire le sue leggi scientifiche, travisando la verità.
Leggendo il libro si assiste alla lenta agonia di Dirk che distrugge il padre, fino quasi a renderlo pazzo, portandolo a vantarsi di vittorie processuali che non ci sono, perché di fatto poi il principe ne uscirà pulito come un bucato da questa faccenda.
Allora ecco spiegata l’ossessione del Dott. Hamer per la medicina alternativa, che diventa quasi un passatempo, uno scacciapensieri che pare risollevargli l’animo in questa landa deserta, dove i principi la fanno da padrone, comprano i processi, mentre il suo bambino muore, straziato da dolori ed incubi notturni.
Nel libro si fa riferimento al fatto che il figlio, colpito mentre dormiva, non si sarebbe più ripreso dal trauma, e sarebbe morto per carenza di sonno e ristoro o anche per questo.
Ci sono molti “perché” e molti “anche” in questo libro – intervista.
Ma tant’è che il metodo Hamer così bene non risulta funzionare, se la moglie muore precocemente di tumore al seno, se i casi da lui curati e diagnosticati non superano i fallimenti. Eppure il Dott. Hamer appare come un santone, come un Dio, e la sua finisce per diventare una setta, al pari dei Testimoni di Geova, di Scientology e della massoneria.
Il libro è una mappa del dolore contemporaneo, in cui ogni ferita è insieme personale e collettiva e dove le domande, a volte urgenti, non trovano le risposte.
Si sta nel limbo, nel dubbio, come su una barca, in balia dei marosi, resistendo al canto delle sirene e dalle scorciatoie più facili. Tutto ciò’ non consola e non assolve, ma costringe a guardare e ad ascoltare, a non voltarsi verso il mare calmo ma tenere gli occhi spalancati anche mentre infuria la tempesta.
D’altra parte, che aspettarsi dopo un processo lungo tredici anni e un Pubblico Ministero che, riuscendo a tenere in piedi il tempio della giustizia nonostante la prescrizione, verrà punito e spedito in Polinesia (non è uno scherzo, è nel libro): un padre distrutto, un principe sollevato.
Lo stesso principe che portava il suo pargoletto alle udienze, così da farsi additare da Hamer come sadico provocatore, perché lui un figlio ce l’aveva. Lo stesso figlio che pochi anni più in là non più pargoletto, darà lustro alla nazione, e come ringraziamento per aver calpestato di nuovo il suolo italiano, parteciperà a reality di successo e si darà alla politica prima di rifugiandosi nella pace di Ginevra. Sarà al fine la sorella Birgit Hamer a parlare con lo scrittore e autore del libro, Mastrantonio, mai arresasi alle ingiustizie della vita, che porterà di nuovo sul banco dei testimoni il principe (intanto macchiatosi di favoreggiamento della prostituzione e gioco d’azzardo, ed arrestato a Varenna su mandato del P.M. Henry John Woodcock). Sarà sempre lei, Birgit, pur combattuta dal sentimento di amore filiale, a fornire le prove degli inganni e dei pericoli della nuova medicina del padre, mettendo in luce le ombre che rischiano di faranno crollare le premesse della sua teoria medica.
Sarà sempre lei a dire, di non aver parlato prima di suo padre per non danneggiare la battaglia affinché suo fratello Dirk avesse giustizia.
Con suo padre il rapporto era conflittuale, del tipo:” prima regola io ho sempre ragione”, seconda regola “se non ho ragione, si applica la prima regola”.
Per quanto riguarda il suo metodo Hamer, credo che possa aiutare i sani a non ammalarsi. Un padre è sempre un padre, e dispiace sia morto senza vedere giustizia per Dirk: se pur un po’ di giustizia morale è stata fatta.
Vero che la storia che vi abbiamo riassunto è la storia di tre poveretti. Un povero mentecatto, il principe, un povero illuso, il Dott. Hamer, un povero morto innocente a cui va tutto il mio affetto.
Nessuno muore a caso, caro Dirk, perché la tua morte ha aperto in realtà tante vite, tante speranze, ed ha smosso in ogni caso le acque, nella buona e nella cattiva sorte.