Un articolo diverso, dai miei soliti.
Politica, sentimenti, opinioni sulla Spagna.
L’incipit di questo articolo una mia recente disavventura in questo paese solare a me caro.
Pedro Sanchez, il primo ministro spagnolo è sempre più solo. Certo, sfoggia sempre il suo sorriso a tutta bocca, lo stile impeccabile, una moglie bellissima, ma fa sempre più fatica a tenere insieme i pezzi della sua composita maggioranza, un accrocchio che gli permette di svolgere il suo mandato con soli sette voti di maggioranza.
Andiamo con ordine, pur essendo concisi, precisi e decisi.
Nel 2023 si chiudeva l’esperienza del primo governo Sanchez, a trazione socialista.
Si tengono elezioni, e dopo mesi di stallo politico, forse il più complesso e controverso della democrazia spagnola, il Partito Popolare europeo guidato da Feijoo, pur avendo ottenuto la maggioranza dei seggi in parlamento, non era in grado di esprimere un leader. Il sostegno incondizionato di Vox il cui leader Santi Abascal (grande amico della Meloni) non aveva il gradimento dei partiti nazionalisti. Si poteva tornare al voto? Non voglio fare tediose lezioni di diritto costituzionale. Ma la vecchia volpe di Sanchez, invece di tirarsi indietro, è riuscitoad esprimere una maggioranza di governo che più disparata non si poteva, rivolgendosi alle forze nazionaliste e negoziando il loro voto. Hanno infatti votato a suo favore, oltre ai Socialisti, partito di appartenenza del leader e di maggioranza relativa, deputati della coalizione Sumar, i rappresentanti di tutte le forze nazionaliste, da quelle indipendentiste a quelle moderate: Junts per la Catalunya, Ezquerra repubblicana, Partito nazionalista Basco, Bildu, ed altre forze politiche regionaliste indipendenti.
Tutto questo ha avuto una conseguenza enorme per Sanchez: la stretta di accordi e la concessione di favori, non ultimo il più importante, forse: la presentazione di una legge di amnistia.
I partiti nazionalisti, regionalisti, forti della autonomia delle varie comunità autonome di cui si compone la Spagna, non concedono voti gratuitamente. Così si è assistito ad un progressivo ma ingente trasferimento di poteri dal centro alla periferia, cioè dallo Stato alle succitate comunità autonome.
A complicare la “mission” di Sanchez, la posizione di Carlos Puigdemont il noto leader indipendentista catalano, indispensabile pilastro della maggioranza confusionaria di Sanchez.
Il leader socialista, ha consentito che quest’ultimo rientrasse in Spagna, tenesse un breve comizio a Barcellona e tornasse in Belgio. Tutto questo perché? Semplice, su di lui gravava un mandato di arresto, tuttora pendente, dopo sette anni dal fallito golpe separatista in Catalogna.
Insomma una farsa tragica, per lo Stato di diritto in Spagna, ma anche per la credibilità della democrazia in UE, in una fase storica molto complicata.
Ma torniamo a Sanchez, ai suoi maneggi per comporre il governo, ai calici amari che ha dovuto inghiottire.
Per “coprire” il lestofante Puigdemont, a questo accordino per tenere il comizio, ha fatto seguire una proposta di legge di amnistia che copre i reati commessi dai nazionalisti catalani e dalle forze di polizia dal 2012 al 2023: un vero attentato alla Costituzione direbbero alcuni, un golpe direbbero altri, una porcata secondo il sottoscritto.
A questa proposta di legge sono seguiti tumulti in piazza, da parte di militanti di Vox e forze neofasciste. Ricordiamo, per meglio comprenderne la portata, che, qualora questa legge dovesse essere approvata, verrà certamente impugnata dall’opposizione, dal Tribunale Supremo e creerà come già sta facendo, discrepanze nella sua maggioranza.
Da cittadino italiano, che trascorre parecchi mesi all’anno in Spagna, oggi la nazione non se la cava poi male. Mistero della fede. Deficit e debito pubblico paiono sotto controllo, ma lo stato dell’occupazione non èbrillante, nonostante i tentativi della sapiente ministra del lavoro comunista Yolanda Diaz, che non riesce a far passare le sue leggi, costantemente bocciate dai conservatori autonomisti/indipendentisti baschi e catalani che sì sostengono Sanchez, ma non il suo programma. La cosa più buffa, si fa per dire, è il fatto che le riunioni tra indipendentisti e socialisti, che tengono in piedi il governo, si devono tenere in Svizzera, altro mistero insoluto.
Mettiamoci pure qualche crisi diplomatica e siamo apposto. Di recente, la moglie del primo ministro spagnolo, Begoña Gomez, è stata accusata di corruzione dal Tribunale penale di Madrid. Lo zazzeruto Presidenteargentino Milei, non ha potuto trattenersi e l’ha definita “corrotta” in mondovisione. Ciòha aperto una crisi tra Spagna e Argentina, con il ministro degli esteri spagnolo che ha detto aspettarsi pubbliche scuse, peraltro mai arrivate, al punto da far ritirare il proprio ambasciatore e portando le relazioni tra Spagna e Argentina al punto più critico della storia recente. L’irsuto Milei ha detto non essere disposto ad incontrare nemmeno Sanchez, cosa scontata, ma nemmeno il povero Re Felipe, rimasto fermo come una statua di sale.
Certo che la presunta corruzione, perché io sono sempre garantista, avrebbe dovuto avere almeno una spiegazione da parte del primo Ministro, che nulla ha affermato, lasciando correre e cambiando sempre il tiro del discorso, prendendosela con il liberismo di Milei.
Altro nodo diplomatico sono le relazioni tra Spagna e Venezuela. Se prima il vecchio Sanchez manteneva ottimi rapporti con Nicolas Maduro, le ultime spericolate manipolazioni maduriane, hanno costretto Madrid a correggere il proprio atteggiamento. Ecco allora che compare un altro saggio della politica socialista spagnola, il placido Zapatero, che organizza in gran segreto l’esilio di Gonzalez, lo sfidante di Maduro, battuto grazie ad elezioni truccate. Ma, come è noto, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, citando un vecchio detto.
L’esule venezuelano, arrivato in Spagna èstato riconosciuto come il presidente legittimo dal parlamento, con il voto delle destre, ma anche degli autonomisti/indipendentisti baschi e catalani conservatori, sempre necessari a Sanchez. Altro putiferio diplomatico tra Madrid e Caracas.
Vi sto annoiando? Ma no! Veniamo all’ultimo episodio, che ha creato l’ennesimo incidente diplomatico tra Spagna e Messico, questa volta.
La neoeletta presidente messicana, tale Claudia Sheinbaum, prima donna alla guida del paese, si dimentica, forse per distrazione, forse per l’euforia del momento, di invitare il Re di Spagna alla cerimonia di insediamento, cosa che la Spagna ritiene inaccettabile. Poi la stessa, dopo la sbornia della vittoria, rinsavisce. E’ lei a non volere il Re di Spagna alle cerimonie di insediamento. Il motivo è semplice e bizzarro, forse ma non troppo. La Spagna dovrebbe chiedere scusa per le conquiste di Hernan Cortes nel Cinquecento. Morale della favola: altra crisi diplomatica tra Madrid e Messico. Cosa ne ricaviamo da tutto ciò? Che considerazioni si possono e posso fare? Sicuramente la mala gestio della politica estera spagnola, che ha aspetti per certi versi urticanti, dovuti al fatto che la maggioranza esiste, tiene in piedi un governo, ma è divisa su tutto e comprende una forte presenza di esponenti della sinistra radicale.
Così abbiamo una Spagna ultrabellicista in Ucraina, ma pronta ad isolare Israele, riconoscendo dignità allo stato palestinese e ad organizzazioni terroristiche come Hamas. A livello interno manca una destra moderata, rappresentata dal Partito Popolare, con una coalizione di ultradestra guidata da Vox che da sola conta molto poco.
Pesa molto l’isolamento della Spagna con il Sudamerica, suo primo e privilegiato interlocutore; grave risulta essere la paralisi a livello europeo, con la designazione della ministra per la transizione ecologica spagnola Ribeira a membro della commissione europea, malvista per la inettitudine nella gestione della tragica alluvione a Valencia, costata la vita a 222 persone. Proprio adesso che i lavori di gestazione della nuova Commissione sono in fieri.
In tutto questo Il Re non è nudo, ma è muto. D’altra parte, poco può fare il povero Felipe, erede del fu Juan Carlito, costretto ad abdicare pochi anni orsono per alcuni casi di corruzione, truffa e frode fiscale.
Ricordiamo che la Spagna è una democrazia “fresca”, che fino al 1975 ha conosciuto la dittatura del Caudillo Francisco Franco, che aveva restaurato la democrazia, nominando Juan Carlos quale Re. Decisivo il suo ruolo, soprattutto nello sventare il colpo di stato da parte dei militari, il “golpe Tejero” nel 1981. Ma questa è un’altra storia. Il Re è un simbolo per gli spagnoli, una istituzione, ma, per certi versi, un orpello inutile.
I poteri del Re sono molto limitati e simili a quelli del nostro presidente della Repubblica: capo delle forze armate, presiede il consiglio supremo di difesa, garantisce il rispetto della costituzione e ratifica la nomina dei governi.
A termine di questo mio articolo, che forse èpiù un trattato di diritto costituzionale, segnalo un piccolo incidente a me capitato, proprio in Spagna.
Non c’entra nulla direte voi, ma a me ha segnato molto. La compagnia low cost spagnola Vueling lascia a terra molto spesso, dati statistici alla mano, molti passeggeri per i suoi disservizi.
Mi accingevo a partire da Minorca, con destinazione Roma, ovviamente avendo in mano la coincidenza a Barcellona. Chiudo casa meticolosamente, metto via l’auto, lascio l’isola per i tanti e troppi mesi che mi separeranno da lei (una operazione psicologica complessa).
Arrivo in aeroporto, mi imbarcano e l’aereo che mi porta a Barcellona, subisce un guasto al motore a causa pare di un malcapitato volatile con fiammate dalla turbina, in fase di rullaggio.
Uno spavento non da poco. Ci lasciano per un’ora in aereo al buio, con bimbi che frignavano, signore contuse, valigie cadute dalle cappelliere e manager spazientiti.
La cosa più sgradevole e traumatizzante è stato uscire dall’aeroporto dal quale ero partito per tornare nella casa dalla quale mi ero accomiatato. Dopo il vino era d’obbligo, il pianto forse accessorio, la paura è rimasta.
Questo per dire che anche Vueling, nel contesto del sistema spagnolo, fa letteralmente schifo (nessun rimborso per il mancato volo, né per la mancata coincidenza).
Per quanto riguarda me e la mia paura di volare, smitizzo il tutto con una frase di Martin Luther King:” Un giorno la paura bussò alla porta. Il coraggio andò ad aprire e non trovò nessuno”.