La punizione più grande per un romano, per un uomo abituato al sole, credo sia il suo trasferimento in un luogo ai confini dell’Italia, freddo, poco accogliente e cupo.

Un po’ come lo stato d’animo di questo poliziotto, sì, questa “guardia” che è trasteverina fino al midollo, ma si deve piegare alle volontà di chi lo ha voluto lì.

Trasferimento per motivi disciplinari, stop. Che poi abbia sgominato una banda dedita al narcotraffico, perduto la moglie, un amico di infanzia, questa è un’altra storia.

Egli proprio non vuole piegarsi alla bellezza del luogo, non apprezza il quadro valdostano, fatto di stambecchi e caprioli, neve e tanto verde, montagne e freddo.

Così il contrasto, tra l’umore perennemente nero di Rocco e le bellezze di Aosta. Un rancore indotto, provato verso la cittadina, che si esprime nella testarda volontà del non volersi piegare alle caratteristiche ambientali del luogo.

Continua ad indossare, imperterrito più che mai, abiti e scarpe più adatti ad affrontare una passeggiata invernale sul lungotevere romano, piuttosto che la neve e le temperature gelide della vallata alpina.

Una realtà fin troppo ligia a quelle regole che al contrario lui sovente si ritrova ad infrangere. Spesso abituato a farsi giustizia da sè, nasconde il segreto della morte del criminale Luigi Baiocchi, assassino di sua moglie, scatenando la sete di vendetta del fratello di questi, Enzo, il quale, finito in carcere, accusa Schiavone di aver ucciso il fratello e di avere nascosto il cadavere a Fiumicino.

Inizio giornata con una bella canna, passeggiata con la sua adorata Lupa, cagnolina da lui adottata nel corso della sua permanenza valdostana, e via, pronti verso un nuovo caso, con la sua Armata Brancaleone, la sua squadra, la sua truppa: D’Intino e Deruta, i due “mentecatti”, di cui uno sempre sudato, perché fa le ore piccole per aiutare la moglie al forno. Moglie che poi si rivelerà essere un lui. D’Intino, abruzzese tardo, che nella serie, spara per errore al vicequestore, inimicandoselo vieppiù.

Casella, napoletano, poliziotto saggio e di mestiere, Italo Pierron, ottimo collaboratore, che si spegne nel corso del tempo, quando le sue cazzate, a cui in parte Rocco rimedia, lo eccitano più del suo lavoro. Antonio Scipioni, a cui Rocco farà sempre più riferimento, per la sua praticità e tenacia, andando in parte a sostituire il ruolo di Italo.

Insomma braccio un po’ violento della legge, all’occorrenza bandito, insieme ai suoi amici Brizio, Furio e Seba, alle volte Robin Hood. Un Robin Hood post moderno, che non ti aspetteresti di incontrare in prima serata Rai.

Insofferenza all’autorità, faccia segnata dalle rughe, modi bruschi e decisi, personaggio magnetico e stratificato. A questo fa da contraltare il suo animo tormentato e romantico, che patisce la morte della moglie Marina, la sua adorata moglie, rimasta uccisa tra le sue braccia, dagli spari di Luigi Baiocchi.

La donna appare a Rocco nei momenti di sconforto e solitudine. E’ un fantasma amorevole, che allo stesso tempo però, impedisce al vicequestore, corroso dai sensi di colpa, di voltare pagina e di rifarsi una vita.

Italo, all’inizio fidato collaboratore di Schiavone, è uno dei pochi a stargli simpatico, all’interno della questura, anche perché, pure il ragazzo è diventato poliziotto, non per libera scelta. Dopo la storia finita male con la collega, Caterina Rispoli, Italo si rifugia nel poker, finendo malmenato dagli scagnozzi di tale Kevin per i suoi debiti di gioco.

Come suddetto, sarà Schiavone, a tirarlo fuori da questa situazione, con l’aiuto di Brizio.

Tuttavia, Italo ricadrà nella tentazione, finendo per essere arrestato durante una retata.

Mi sono dimenticato di Caterina Rispoli, unica donna nella squadra di Schiavone, che da bambina ha subito molestie da parte del padre.

Desta interesse sia del collega Pierron che di Schiavone, intrattenendo con entrambi altalenanti relazioni, anche se chiuderà la relazione con Pierron piuttosto presto. Si scoprirà essere lei la “spia” mandata da Mastrodomenico e dalle alte sfere della polizia romana, con lo scopo di pedinare Schiavone, proprio perché Mastrodomenico, era il poliziotto che la salvò, bambina, dalle molestie paterne.

Di Deruta e D’Intino ho già parlato, ma diverte e solletica troppo, riparlarne. Sto ridendo da solo, se penso ai soprannomi che hanno ricevuto, bullizzati dal vicequestore:  “Stanlio e Ollio”, “mentecatti”, per la loro inclinazione a combinare spesso guai.

Rocco, definisce il duo, come “il mezzo che Dio usa per punirlo”. Michele Deruta, si scoprirà essere gay, come ho già detto, ma non dichiarato, infatti preferisce tenere segreta la sua storia d’amore con il panettiere Federico, per paura di subire discriminazioni, cosa che porterà la coppia a dividersi, per un breve periodo. Ma sarà solo un breve periodo, perché poi Michele vincerà le sue paure e farà coming out.

Mi piace ritornare sugli amici di infanzia di Rocco. Perché lui non ha mai perso la voglia di farsi qualche gitarella nella città eterna, prendendosi qualche pausa da Aosta ed adducendo, quale scusa per la sua assenza, motivi familiari.

Sebastiano, detto “Seba”, insieme ai compari Brizio e Furio, vivono al di là della legge.

Nemmeno si sa perché Rocco, abbia fatto la guardia, in questo mondo, che lui definisce “letamaio”. Anzi, lo dice: per avere un posto fisso ed uno stipendio sicuro.

Entrambi dediti ai furti, alle estorsioni, al riciclaggio, sono i migliori amici di Rocco.

Seba perderà persino la sua amata Adele, uccisa dal criminale Enzo Baiocchi, ma finirà per farsi arrestare, incolpando l’amico Schiavone, che a suo modo di vedere, avrebbe fatto la soffiata per il suo arresto.

Testimone reticente, motivi personali, veloce e pratica risoluzione di questioni in sospeso, in spregio alle regole del codice penale, sono i motivi che spingono Rocco a far visita ai tre.

Non vi dirò mai il seguito della loro amicizia. Leggetevi i libri di Antonio Manzini. Tutti. Non lasciatene indietro nessuno. Li divorerete, perché sono scritti bene. Punto.

Chiudono il cerchio delle amicizie, il Dott. Alberto Fumagalli, medico legale di origine fiorentina, a tratti inquietante e sarcastico, ma che sa essere un ottimo collaboratore, oltre che amico. Nel corso del tempo, intraprenderà una relazione con la Dottoressa Gambino, commissaria della scientifica, donna esuberante ed eccentrica, una delle poche a conquistare la simpatia di Schiavone.

Insomma vi ho detto molto, forse troppo di questo Rocco Schiavone,

del suo carattere, del suo essere sempre al confine tra il bene ed il male e della sua incapacità di amare, pur amando donne diverse: da Nora, la sua amica del cuore, alla simpatia con Sandra Buccellato, ex moglie del questore, che sarebbe la figura perfetta per Rocco. Giornalista, nobile e ricca, di buon gusto e simpatica. Ma Rocco ha il cuore chiuso.

Chissà quanto deve aver amato per essere così! Ma certe volte, bisogna avere più consapevolezza nei confronti del mondo, e di sé stessi.

Le cose possono cambiare nella vita, e se non cambiano è per colpa di noi stessi. Anche Schiavone lo sa, pur non volendolo ammettere. Egli passa da vittima, peggio da uomo rassegnato di vivere senza speranza per il futuro, senza un velo di ottimismo, con un muso lungo e disperato.

Alla fine della serie dei libri e della riduzione televisiva, forse Schiavone migliora. Pare più disilluso, fa dei passi avanti, è più disinvolto, padrone dei suoi sentimenti.

Il Rocco personaggio da “riparare”, diventa Rocco personaggio “riparatore”.

Tenera la frase, con cui si lascia alle spalle il lungo rapporto con Cecilia Porta, sua vicina di casa ludopatica, salvata ed ospitata da Rocco, a seguito della perdita del suo appartamento, e di suo figlio Gabriele, che egli prende sotto la sua “ala protettiva”. Ve la scrivo e ve la posto: “ E che te devo di’? Te piace sto monno? E’ diventato un po’ una merda, è diventato un letamaio, l’avemo ridotto un letamaio. Tu lo devi girà er monno, devi conoscere gente, perché ce sta pure gente in gamba in giro, mica sono tutti stronzi. Ridi, divertiti, cerca di essere felice. Mi madre diceva: Fai del male pentiti, fai del bene scordatelo. Cerca di fare del bene, che è l’unica cosa che conta. Non sta a sentire i vecchi che conoscono, conoscono, ma non sanno un cazzo. Scopa, che sarebbe pure ora, però se trovi una ragazza che ti innamori, tienitela stretta e non perdertela”. 

Ecco voi non perdetevi i libri di questo scrittore, Antonio Manzini, che ha dato vita a Rocco Schiavone, che ha dato vita ad una serie televisiva, ben interpretata da Marco Giallini. Forse perché anche lui, conscio della perdita della sua moglie vera, sa cosa vuol dire perdere l’amore della vita.

Non odiate nessuna persona, ma piuttosto, non mettete a fuoco le persone che non suscitano il vostro interesse. Non sprecate il tempo in rancori, amarezze, sensi di colpa, cose non dette o non fatte.

Pensate al futuro, che è la migliore arma per vincere in questa società.

 

Tommaso Vercellio

La punizione più grande per un romano, per un uomo abituato al sole, credo sia il suo trasferimento in un luogo ai confini dell’Italia, freddo, poco accogliente e cupo.

Un po’ come lo stato d’animo di questo poliziotto, sì, questa “guardia” che è trasteverina fino al midollo, ma si deve piegare alle volontà di chi lo ha voluto lì. 

Trasferimento per motivi disciplinari, stop. Che poi abbia sgominato una banda dedita al narcotraffico, perduto la moglie, un amico di infanzia, questa è un’altra storia.

Egli proprio non vuole piegarsi alla bellezza del luogo, non apprezza il quadro valdostano, fatto di stambecchi e caprioli, neve e tanto verde, montagne e freddo.

Così il contrasto, tra l’umore perennemente nero di Rocco e le bellezze di Aosta. Un rancore indotto, provato verso la cittadina, che si esprime nella testarda volontà del non volersi piegare alle caratteristiche ambientali del luogo.

Continua ad indossare, imperterrito più che mai, abiti e scarpe più adatti ad affrontare una passeggiata invernale sul lungotevere romano, piuttosto che la neve e le temperature gelide della vallata alpina.

Una realtà fin troppo ligia a quelle regole che al contrario lui sovente si ritrova ad infrangere. Spesso abituato a farsi giustizia da sè, nasconde il segreto della morte del criminale Luigi Baiocchi, assassino di sua moglie, scatenando la sete di vendetta del fratello di questi, Enzo, il quale, finito in carcere, accusa Schiavone di aver ucciso il fratello e di avere nascosto il cadavere a Fiumicino. 

Inizio giornata con una bella canna, passeggiata con la sua adorata Lupa, cagnolina da lui adottata nel corso della sua permanenza valdostana, e via, pronti verso un nuovo caso, con la sua Armata Brancaleone, la sua squadra, la sua truppa: D’Intino e Deruta, i due “mentecatti”, di cui uno sempre sudato, perché fa le ore piccole per aiutare la moglie al forno. Moglie che poi si rivelerà essere un lui. D’Intino, abruzzese tardo, che nella serie, spara per errore al vicequestore, inimicandoselo vieppiù.

Casella, napoletano, poliziotto saggio e di mestiere, Italo Pierron, ottimo collaboratore, che si spegne nel corso del tempo, quando le sue cazzate, a cui in parte Rocco rimedia, lo eccitano più del suo lavoro. Antonio Scipioni, a cui Rocco farà sempre più riferimento, per la sua praticità e tenacia, andando in parte a sostituire il ruolo di Italo.

Insomma braccio un po’ violento della legge, all’occorrenza bandito, insieme ai suoi amici Brizio, Furio e Seba, alle volte Robin Hood. Un Robin Hood post moderno, che non ti aspetteresti di incontrare in prima serata Rai.

Insofferenza all’autorità, faccia segnata dalle rughe, modi bruschi e decisi, personaggio magnetico e stratificato. A questo fa da contraltare il suo animo tormentato e romantico, che patisce la morte della moglie Marina, la sua adorata moglie, rimasta uccisa tra le sue braccia, dagli spari di Luigi Baiocchi.

La donna appare a Rocco nei momenti di sconforto e solitudine. E’ un fantasma amorevole, che allo stesso tempo però, impedisce al vicequestore, corroso dai sensi di colpa, di voltare pagina e di rifarsi una vita.

Italo, all’inizio fidato collaboratore di Schiavone, è uno dei pochi a stargli simpatico, all’interno della questura, anche perché, pure il ragazzo è diventato poliziotto, non per libera scelta. Dopo la storia finita male con la collega, Caterina Rispoli, Italo si rifugia nel poker, finendo malmenato dagli scagnozzi di tale Kevin per i suoi debiti di gioco.

Come suddetto, sarà Schiavone, a tirarlo fuori da questa situazione, con l’aiuto di Brizio.

Tuttavia, Italo ricadrà nella tentazione, finendo per essere arrestato durante una retata.

Mi sono dimenticato di Caterina Rispoli, unica donna nella squadra di Schiavone, che da bambina ha subito molestie da parte del padre.

Desta interesse sia del collega Pierron che di Schiavone, intrattenendo con entrambi altalenanti relazioni, anche se chiuderà la relazione con Pierron piuttosto presto. Si scoprirà essere lei la “spia” mandata da Mastrodomenico e dalle alte sfere della polizia romana, con lo scopo di pedinare Schiavone, proprio perché Mastrodomenico, era il poliziotto che la salvò, bambina, dalle molestie paterne.

Di Deruta e D’Intino ho già parlato, ma diverte e solletica troppo, riparlarne. Sto ridendo da solo, se penso ai soprannomi che hanno ricevuto, bullizzati dal vicequestore:  “Stanlio e Ollio”, “mentecatti”, per la loro inclinazione a combinare spesso guai. 

Rocco, definisce il duo, come “il mezzo che Dio usa per punirlo”. Michele Deruta, si scoprirà essere gay, come ho già detto, ma non dichiarato, infatti preferisce tenere segreta la sua storia d’amore con il panettiere Federico, per paura di subire discriminazioni, cosa che porterà la coppia a dividersi, per un breve periodo. Ma sarà solo un breve periodo, perché poi Michele vincerà le sue paure e farà coming out.

Mi piace ritornare sugli amici di infanzia di Rocco. Perché lui non ha mai perso la voglia di farsi qualche gitarella nella città eterna, prendendosi qualche pausa da Aosta ed adducendo, quale scusa per la sua assenza, motivi familiari. 

Sebastiano, detto “Seba”, insieme ai compari Brizio e Furio, vivono al di là della legge. 

Nemmeno si sa perché Rocco, abbia fatto la guardia, in questo mondo, che lui definisce “letamaio”. Anzi, lo dice: per avere un posto fisso ed uno stipendio sicuro.

Entrambi dediti ai furti, alle estorsioni, al riciclaggio, sono i migliori amici di Rocco. 

Seba perderà persino la sua amata Adele, uccisa dal criminale Enzo Baiocchi, ma finirà per farsi arrestare, incolpando l’amico Schiavone, che a suo modo di vedere, avrebbe fatto la soffiata per il suo arresto.

Testimone reticente, motivi personali, veloce e pratica risoluzione di questioni in sospeso, in spregio alle regole del codice penale, sono i motivi che spingono Rocco a far visita ai tre. 

Non vi dirò mai il seguito della loro amicizia. Leggetevi i libri di Antonio Manzini. Tutti. Non lasciatene indietro nessuno. Li divorerete, perché sono scritti bene. Punto. 

Chiudono il cerchio delle amicizie, il Dott. Alberto Fumagalli, medico legale di origine fiorentina, a tratti inquietante e sarcastico, ma che sa essere un ottimo collaboratore, oltre che amico. Nel corso del tempo, intraprenderà una relazione con la Dottoressa Gambino, commissaria della scientifica, donna esuberante ed eccentrica, una delle poche a conquistare la simpatia di Schiavone. 

Insomma vi ho detto molto, forse troppo di questo Rocco Schiavone, 

del suo carattere, del suo essere sempre al confine tra il bene ed il male e della sua incapacità di amare, pur amando donne diverse: da Nora, la sua amica del cuore, alla simpatia con Sandra Buccellato, ex moglie del questore, che sarebbe la figura perfetta per Rocco. Giornalista, nobile e ricca, di buon gusto e simpatica. Ma Rocco ha il cuore chiuso.

Chissà quanto deve aver amato per essere così! Ma certe volte, bisogna avere più consapevolezza nei confronti del mondo, e di sé stessi.

Le cose possono cambiare nella vita, e se non cambiano è per colpa di noi stessi. Anche Schiavone lo sa, pur non volendolo ammettere. Egli passa da vittima, peggio da uomo rassegnato di vivere senza speranza per il futuro, senza un velo di ottimismo, con un muso lungo e disperato.

Alla fine della serie dei libri e della riduzione televisiva, forse Schiavone migliora. Pare più disilluso, fa dei passi avanti, è più disinvolto, padrone dei suoi sentimenti.

Il Rocco personaggio da “riparare”, diventa Rocco personaggio “riparatore”.

Tenera la frase, con cui si lascia alle spalle il lungo rapporto con Cecilia Porta, sua vicina di casa ludopatica, salvata ed ospitata da Rocco, a seguito della perdita del suo appartamento, e di suo figlio Gabriele, che egli prende sotto la sua “ala protettiva”. Ve la scrivo e ve la posto: “ E che te devo di’? Te piace sto monno? E’ diventato un po’ una merda, è diventato un letamaio, l’avemo ridotto un letamaio. Tu lo devi girà er monno, devi conoscere gente, perché ce sta pure gente in gamba in giro, mica sono tutti stronzi. Ridi, divertiti, cerca di essere felice. Mi madre diceva: Fai del male pentiti, fai del bene scordatelo. Cerca di fare del bene, che è l’unica cosa che conta. Non sta a sentire i vecchi che conoscono, conoscono, ma non sanno un cazzo. Scopa, che sarebbe pure ora, però se trovi una ragazza che ti innamori, tienitela stretta e non perdertela”. 

Ecco voi non perdetevi i libri di questo scrittore, Antonio Manzini, che ha dato vita a Rocco Schiavone, che ha dato vita ad una serie televisiva, ben interpretata da Marco Giallini. Forse perché anche lui, conscio della perdita della sua moglie vera, sa cosa vuol dire perdere l’amore della vita. 

Non odiate nessuna persona, ma piuttosto, non mettete a fuoco le persone che non suscitano il vostro interesse. Non sprecate il tempo in rancori, amarezze, sensi di colpa, cose non dette o non fatte.

 Pensate al futuro, che è la migliore arma per vincere in questa società. 

 

Tommaso Vercellio