Omaggio alla Catalogna è un libro certamente diverso da quelli che vi ho proposto in precedenza.

E’ passato un po’ di tempo dall’ultimo testo recensito, questo perché, complice i lunghi periodi di vacanza, il bel tempo, anche il sottoscritto si è riposato. Sempre con un libro in mano. Ma, come diceva un vecchio lettore, di dieci libri che ho letto, solo uno merita davvero: Omaggio alla Catalogna”.

Il primo e forse il più bello dei romanzi di Orwell, pseudonimo di Eric Arthur Blair, scrittore impegnato, opinionista politico e culturale, ma anche attivista politico-sociale.

La sua grande fama è dovuta in particolare modo a due romanzi, scritti verso la fine della sua vita, negli anni quaranta: l’allegoria politica della “Fattoria degli animali”, e la distopia, di “1984”, rappresentante una vivida realtà fantapolitica e fantascientifica totalitaria, tale da aver dato luogo alla nascita dell’aggettivo “orwelliano”, oggi ampiamente utilizzato, per descrivere meccanismi di controllo totalitario del pensiero e dei comportamenti umani.

Polemico, lucido anticonformista, socialista convinto, ma anche asserito antisovietico, dopo la deludente impresa dell’Unione Sovietica di Stalin. 

Questo lo portò a scontrarsi apertamente con la maggior parte della sinistra europea dell’epoca, che benediceva e beneficiava dell’appoggio dell’URSS.

Egli diceva del suo lavoro: “Ogni riga di ogni lavoro serio che ho scritto dal 1936 a questa parte, è stata scritta, direttamente o indirettamente, contro il totalitarismo e a favore del socialismo democratico, per come la vedo io”.

Orwell che si confronta e si scontra con i grandi sistemi politici sovranazionali, dove la logica del potere non è più del singolo, di un uomo solo al comando, ma dello Stato. Lo Stato serve, perché bisogna, a sentire Umberto Ecoavere un oggetto di amore, come fosse una immagine televisiva”.

Più che scrittore forse Orwell è un giornalista satirico inglese, ordunque perché i saggi e gli articoli costituiscono la maggior parte del suo lavoro e del suo contributo nel comprendere il tempo, oltre che esercizio di ragione e di spirito critico, attraverso uno stile limpido e chiaro.

Proprio questo spiritico critico, questo flusso di coscienza (che debbono sempre essere vigili in noi) lo fanno dubitare delle rivoluzioni, pur ritenendole necessarie. Necessarie, a mio modo di vedere, perché scuotono un paese, lo portano verso un miglioramento certo se hanno buoni propositi. Si pensi alla rivoluzione francese, che portò alla fine della egemonia monarchica ed alla istituzione di una repubblica democratica, dove non vi era più la suddivisione in classi della società, ma una distribuzione equa del potere, che il popolo affidava, attraverso elezioni, agli organi di governo.

 Ecco perché non tutte le rivoluzioni sono da demonizzare per Orwell, perché portano sventagliate di democrazia. 

Ma George Orwell, non è solo “1984” o “La fattoria degli animali”, ma anche “Omaggio alla Catalogna”, che ci descrive la Spagna alle prese con la sanguinosa guerra civile.

Orwell vi prese parte, si arruolò nelle milizie antifranchiste, in una città, Barcellona, che appare come l’ultimo feudo socialista, comunista, che ìl Caudillo Franco vuole spazzare via.

Le milizie antifranchiste prendevano il nome di POUM, acronimo che sta per Partido Obrero de Unification Marxista.

Il libro è un diario quotidiano di questa esperienza che ha segnato il percorso politico ed ideologico di Orwell e che fa sua l’idea sociale della rivoluzione, vedendone la possibilità di sovvertire l’ordine costituito, per ridimensionare le disuguaglianze sociali.

Nel primo periodo passato al fronte l’illusione di una società “ordinata, senza classi, civile e paritetica”, salvezza della natura umana, cede il passo al secondo periodo, quando, ferito, fa ritorno in una Barcellona che ha perso tutto quello per cui Orwell si stava battendo: ordine, classismo, collettivizzazione, democrazia paritetica.

Il caos a Barcellona ha preso il sopravvento, e, oserei dire, non l’ha più lasciato. Nasce una guerra nella guerra, dove vi sono forze che si oppongono al fascismo, pilotate dal comunismo stalinista, ed altre che sono più sensibili al pacifismo trozkista.

Nasce così un clima di sospetto, di persecuzioni politiche, e di messa al bando del POUM, che fanno di Orwell un ricercato stesso. 

Non vi è alcuna altra scelta per Orwell che quella di lasciare la Spagna e tornare in patria, non prima di trasmettere il suo messaggio nella appendice del libro stesso.

Ma spiego meglio il contesto spagnolo dell’epoca.

 Siamo nel 1936 quando nacque un conflitto armato, che vide contrapposte le forze nazionaliste, guidate da una giunta militare, contro le forze del legittimo governo della Repubblica Spagnola, sostenuta dal fronte popolare, di cui Orwell fa parte. 

Emerge rapidamente la figura del militare di ideologia fascista Francisco Franco, che si oppone al fronte popolare, che aveva vinto le elezioni nella giovane repubblica iberica. La guerra, che dura dal 1936 al 1939, rappresenta in tutto e per tutto, un preludio alla seconda guerra mondiale, di cui in Spagna si delineano, come abbiamo detto, i due opposti schieramenti: i fascisti, e il fronte nazionale. 

Orwell stesso ci parla già di bombardamenti sulle città, di rappresaglie, di rastrellamenti.

La contrapposizione interna, si trasforma in guerra civile, quando un gruppo di militari, guidati da cinque generali, tra cui spicca, per l’appunto, Francisco Franco, inizia una ribellione armata, partendo dal Marocco spagnolo. 

Se il governo inizialmente, come Orwell ci dice, può contare su una intensa mobilitazione popolare e l’appoggio del fronte nazionale, e gli insorti occupano solo una minima parte della Spagna occidentale, esso mantiene il controllo delle zone più ricche e industrializzate, ovvero la capitale e le regioni del nord est.

Il ribaltamento della situazione avviene a causa del ruolo giocato dalle potenze europee. 

Germania e Italia, decidono da subito di appoggiare la ribellione di Franco. Hitler invia soprattutto aerei, armi e rifornimenti, mentre Mussolini organizza un contingente di 50.000 uomini, ufficialmente volontari, ma in realtà membri dei reparti regolari. La Francia viene bloccata dalla Gran Bretagna, che sotto minaccia mancato supporto britannico in caso di invasione tedesca, decide di non intervenire nelle vicende spagnole.

Il governo francese decide di stipulare un “patto di non intervento”, sottoscritto da Francia e Gran Bretagna, temendo che una vittoria della coalizione repubblicana, possa essere un preludio per la trasformazione della Spagna, in uno stato socialista. Per questo, a detta di Orwell addivengono al patto anche Hitler e Mussolini. Corre l’anno 1936. 

Anche l’Urss, sottoscrive, in un primo momento il patto, per poi intervenire, attraverso le Brigate Internazionali, di cui faceva parte non solo Orwell, ma anche Hemingway (celeberrimi i suoi passaggi, nel romanzo “Per chi suona la campana”.

Celebre anche il ruolo di molti antifascisti italiani, che vedono nella guerra spagnola un’occasione per lottare contro il fascismo mussoliniano, incitati dal motto di Carlo Rosselli: ”Oggi in Spagna, domani in Italia”.

Gli italiani costituiscono il battaglione Garibaldi, che li porterà a combattere contro i fascisti spagnoli.

Ma, ahimè, Franco si impadronisce ben presto anche della zona di San Sebastian, dando vita ad un nuovo partito: la Falange Nazionalista, che ottiene anche l’appoggio della gerarchia ecclesiastica e parte della borghesia moderata.

Come sopra detto, i partiti che a Franco si oppongono sono poco organizzati, soffrono di divisioni interne e queste culmineranno nel confronto armato a Barcellona nella primavera del 1937 e che Orwell ci descrive, dopo la caduta della città di Huesca. Poi seguirà la caduta di Guernica, ripresa dal celebre dipinto di Picasso.

Esponenti anarchici e appartenenti al partito stalinista del POUM si scontreranno con il fronte repubblicano e con i comunisti. I primi hanno la meglio, e daranno il via ad una serie di persecuzioni, che costringeranno lo stesso Orwell a scappare. 

Il PUOM verrà poi liquidato. Nonostante questo, il fronte repubblicano resiste strenuamente, quand’anche Madrid cadrà nel 1939. Questo episodio segnerà l’inizio della dittatura di Franco, con una Spagna provata dalle distruzioni e con un grave dissesto economico in atto. 

Orwell e la sua eredità cosa ci testimoniano? Che cosa ci lasciano? La sua esperienza personale sul territorio, il perché la stampa internazionale non abbia sufficientemente riportato ciò che successe a Barcellona nel 1937, fatti che segnarono lo sgretolamento dell’unità delle forze che si opponevano all’avanzata franchista, sopra menzionata.

Orwell accusa, senza troppi giri di parole i giornali di aver condizionato l’opinione pubblica: ”una delle più orribili caratteristiche della guerra è che la propaganda bellica, tutte le vociferazioni, le menzogne, l’odio, provengono inevitabilmente da coloro che non combattono”. Opinione pubblica certo complice della deriva totalitaria alla quale poi andrà incontro la Spagna, siano i repubblicani o i nazionalisti a vincere.

Orwell trascina sè stesso, dal piedistallo di chi detiene il potere al sottosuolo di chi vive ai margini, il mondo dei derelitti, dei miserandi. Questo è Omaggio alla Catalogna: un’opera d’arte, frutto dell’esperienza rivoluzionaria, vissuta dal proprio autore. Come tale, essa è come dire un prisma attraverso cui distinguere tutte le sfumature di questo scontro fra classi, fra persone, fra fazioni e partiti. Un’opera che ci fa capire che la rivoluzione è bella, ma la guerra mai. 

Non voglio essere ne fare l’hippie tutto “peace and love”, ma le guerre degli ultimi anni, hanno portato più sangue e distruzioni che rivoluzione e democrazia. 

Se saluto con gioia una rivoluzione, che sovverta un ordine che è un disordine, mi trovo contrario a tutte le guerre che portano solo e solamente morti e nulla più. 

E se ti sedessi su una nuvola non vedresti la linea di confine tra una nazione e l’altra, né la linea di divisione tra una fattoria e l’altra.”Peccato, come diceva Gibran, che tu non possa sedere su una nuvola”. 

Tommaso Vercellio